A inizio giugno si è tenuta una iniziativa per discutere sul futuro di internet, e fin qui niente di nuovo. Se la sede è una ex chiesa adibita ora a quartier generale di “Internet Archive”, la cosa già prende il sapore di particolare. Se però poi si aggiunge che tra le altre partecipano le personalità che hanno creato le tecnologie alla base di internet, come Tim Berners-Lee (inventore di HTML, HTTP e URL) e Vint Cerf (co-inventore di TCP/IP), il tutto prende il sapore di evento. E infatti ciò che è stato affermato da queste personalità è molto interessante.
Non dimentichiamo che le tecnologie base di internet sono ormai piuttosto vecchie, da TCP/IP che è degli anni ’60 a HTTP che festeggia 25 anni. Da allora molte cose sono cambiate e si sono evolute, tanto che Tim Berners-Lee afferma senza remore che la situazione attuale è molto lontana dalla sua visione originale:
That utopian leveling of society, the reinvention of the systems of debate and government—what happened to that?
We hoped everyone would be making their own web sites—turns out people are afraid to.
Quel livellamento della società utopistico, la reinvenzione dei sistemi di dibattimento e governo – che fine hanno fatto?
Speravamo che chiunque avrebbe creato il proprio sito – è saltato fuori che le persone hanno timore a farlo.
La critica è anche sul modo in cui (non) è interconnesso il Web, ovvero non una vera rete ma una serie di zone isolate tra loro:
People have their friends on Facebook and some photos on Flickr and their colleagues on LinkedIn. All they want to do is share the photos with the colleagues and the friends—and they can’t. Which is really stupid. You either have to tell Flickr about your Facebook friends, or move your photos to Facebook and LinkedIn separately, or build and run a third application to build a bridge between the two.
Le persone hanno i loro amici su Facebook, qualche foto su Flickr e i loro colleghi su LinkedIn. Tutto quello che vogliono fare è condividere le foto con colleghi ed amici – e non possono. Cosa che è davvero stupida. Tu o segnali a Flickr i tuoi amici di Facebook, o sposti le foto su Facebook e LinkedIn separatamente, o costruisci ed esegui una terza applicazione per creare un ponte tra le due.
Questo è il punto di partenza della riflessione per il futuro, e quello che (secondo loro) deve essere l’evoluzione prossima è sintetizzabile in una sola parola: decentramento. Le tecnologie per farlo in gran parte già esistono, e si tratta di organizzarle e unificarle; per raggiungere l’obbiettivo esistono delle direzioni desiderabili, da tenere a mente quando gli sviluppatori del futuro web dovrebbero tenere a mente.
I primi suggerimenti vengono da Vint Cerf:
- prendere ad esempio il modo in cui Google Docs propaga le modifiche a un documento a molti utenti in tempo reale
- pensare ad un sistema pubblicazione/sottoscrizione, nel quale quando un creatore di una pagina web da il comando di pubblicazione, questo rende disponibile un formato per l’archivio che una serie di archivi web possono sottoscrivere e riceverne le versioni successive
- creare anche un archivio del software, con annesso le emulazioni di hardware e sistemi operativi defunti per rendere il sempre retro-compatibile
- trovare un modo per autenticare un sito web, così che vengano archiviate solo le versioni vere, e considerare quanto sarebbe potente uno strumento del genere per una società interessata alla verifica delle transazioni finanziare o alla proprietà intellettuale
- trovare un modo per proteggere il copyright per un certo periodo di tempo, ma che disattivi la protezione automaticamente a scadenza
Tim Burners-Lee aggiunge qualche suo punto:
- cambiare il sistema di nomi, e smettere di pensare alla URL come un luogo: è un nome
- pensare un dominio. archivio, nel quale registri un nome per sempre, e qualunque cosa tu metta rimane lì
- far emerge i dati nascosti nelle pagine web: ogni pagina ha due piani di lettura, quello che si vede tramite il browser standard e quello dello strato dati che puoi esplorare con altri strumenti più potenti
Brewster Kahle, fondatore di Internet Archive (e quindi padrone di casa), allunga la lista:
- prendere ad esempio Amazon cloud: è un sistema decentralizzato e con buone caratteristiche, sebbene sotto il controllo di un padrone solo
- guardare a JavaScript: può vivere in un ambiente distribuito e può essere il sistema operativo del nuovo web
- pensare a blockchain di Bitcoin come ad un componente essenziale del prossimo web
- non dimenticarsi della criptazione a chiave pubblica: quando Lee concepì il primo web era illegale distribuirla, ma ora ha un ruolo da giocare
- non sminuire WordPress, che è stato adottato da un gran numero di persone: forse il nuovo web dovrebbe avere un tipo di servizio decentralizzato come WordPress
Altro ospite di riguardo era Cory Doctorow, autore di numerosi libri con argomento sicurezza informatica e diritti digitali, nonché vincitore di numerosi premi. Doctrorow sostiene che è necessario includere nel codice un qualche principio morale, un analogo della costituzione per uno Stato. E ne suggerisce due:
- i computer devono sempre obbedire ai propri padroni: quando un’istruzione da remoto è in contrasto con una del padrone, vince sempre questa
- deve essere sempre lecito parlare di reali problemi di sicurezza; ovvero, sebbene ci possa essere un codice di condotta per la rivelazione responsabile dei bug, lo stato non deve mai averne il controllo.
Insomma, un incontro corposo e pieno di contenuti, ma che alla fine non lascia solo qualche spunto ma una vera e propria chiamata all’azione ed al rinnovamento rivolta dai padri di internet ai nuovi sviluppatori. Saranno ascoltati?
Ho coltivato la mia passione per l’informatica fin da bambino, coi primi programmi BASIC. In età adulta mi sono avvicinato a Linux ed alla programmazione C, per poi interessarmi di reti. Infine, il mio hobby è diventato anche il mio lavoro.
Per me il modo migliore di imparare è fare, e per questo devo utilizzare le tecnologie che ritengo interessanti; a questo scopo, il mondo opensource offre gli strumenti perfetti.
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