CLA è l’acronimo di tante cose, ma, nella forma in cui ne ha parlato Linus Torvalds, la sigla si riferisce al Contributor License Agreement.
Come spiega la pagina di Wikipedia, un CLA definisce le condizioni in base alle quali una proprietà intellettuale (di fatto linee di codice) viene contribuita ad una società o ad un progetto, e si applica tipicamente ai software con licenza open source.
In altre parole il CLA è una forma di tutela per le aziende i cui software open source sono sviluppati (o semplicemente contribuiti) da persone al di fuori dell’azienda stessa e per vendere il prodotto sviluppato (anche) da terzi come proprio. Per fare un esempio, proprio in merito a quanto afferma Torvalds, ecco un estratto del Canonical Contributor License Agreement:
“With the contributor agreement chosen by Canonical, the Harmony CLA, the contributor gives Canonical a licence to use their contributions.”
“Con l’accettazione dell’accordo scelto da Canonical, la Harmony CLA, il contributore da a Canonical la licenza di usare i suoi contributi.”
Quindi nella sostanza si rimane proprietari del codice, ma l’azienda può ridistribuirlo a piacimento facendone quel che crede. La controversia in merito al concetto di CLA è evidente per chi sviluppa quotidianamente software opensource. Linus Torvalds enfatizza:
“… the copyright assignment paperwork ends up basically killing the community […] any CLA at all – changing the license or not – is fundamentally broken”
“… ogni tipo di contratto relativo all’assegnazione dei copyright alla fine uccide la comunità […] ogni tipo di CLA – che preveda o no la modifica della licenza – non fondamentalmente senso”
Come dargli torto?
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.
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